OVVERO: INGREDIENTE X, QUESTO SCONOSCIUTO!
Gli addensanti sono additivi alimentari che servono ad aumentare la viscosità di preparazioni liquide, ed esistono di innocui e naturali, ma non tutti lo sono. Basterà quindi fare un pochino di attenzione. Qui potete trovare una LISTA DI ADDENSANTI, STABILIZZANTI, EMULSIONANTI ECC molto completa. Leggetela.
Quindi è chiaro che dovete avere il giusto approccio a tali sostanza, cercando di non demonizzarle ma neanche di usarle in modo esagerato. Al proposito esiste una regolamentazione Dga (Guideline Daily Amounts ovvero valori giornalieri di riferimento); I valori giornalieri di riferimento suggeriscono la quantità totale di energia e nutrienti che un adulto, in buono stato di salute, deve assumere quotidianamente. Questi numeri differiscono in base al tipo di additivo presente negli alimenti industriali.
A COSA SERVONO GLI ADDENSANTI NELLA NOSTRA CUCINA? Se è plausibile ed accettabile che tali sostanze siano inserite nelle preparazioni industriali, facciamo invece fatica ad accettare che possano diventare di utilizzo quotidiano e comune anche nelle nostre cucine.
Cercherò, coi miei limiti, di aiutarvi a fare chiarezza. Anzitutto consideriamo che essendo VEGANI abbiamo eliminato i grassi di origine animale che fungono da addensanti, emulsionanti, aggreganti e quindi dobbiamo sostituirli strategicamente per ottenere un risultato che non ci faccia MAI rimpiangere la scelta fatta (che, ricordiamolo, oltre che salutistica è soprattutto etica).
E questo è possibile con piccoli accorgimenti, facendo riferimento ad ingredienti che fino a poco tempo fa erano di nicchia e rivolti esclusivamente alle cucine dei grandi chef (oltre che alla grande industria). Magari non possiamo essere certi di trovare tutto al super sotto casa, ma siccome gli E- Commerce ormai dilagano e sono affidabili tanto quanto la catena di negozi Bio a cui ci rivolgiamo, possiamo tranquillamente FARE LA SPESA ONLINE. Io oltretutto mi stresso meno, risparmio le corse in macchina e riesco sempre a risparmiare qualcosina.
Pensiamo poi ai celiaci, che fino a poco tempo fa erano costretti ad acquistare cibo nelle farmacie o godere di pochi prodotti industriali messi loro a disposizione (peraltro sempre molto cari).
Perciò se vogliamo che una nostra preparazione dolce (bignè budini torte varie) piuttosto che salata (pane pizza polpette) abbia la consistenza ed il sapore “eccezionale” di quelle che acquistiamo nei negozi specializzati, prendiamo carta e penna e cominciamo a capirci qualcosa.
Un’ultima noticina: per quelli che … MA TANTO IO NON LO USO E VA BENISSIMO LO STESSO posso dire che anche io amo una cucina sana, naturale, e spesso anche “cruda”, ma sperimentando mi sono accorta che usare o non usare questi ingredienti fa la differenza tra una cosa “buona” ed una cosa “strepitosa”. E siccome in famiglia ho degli onnivori da soddisfare, se mi impegno evito di fargli rimpianger il vecchio cibo e, soprattutto, che si rimpinzino di cose industriali più saporite.
Anzitutto comincerei con una immagine che molti di voi avranno già visto, perchè quella di SOSTITUIRE L’UOVO è la prima necessità che sente un Vegano ai suoi primi spignattamenti:
Qui direi che c’è poco da aggiungere. Più avanti approfondirò un paio di cosette al proposito, soprattutto sui semi di lino e sull’agar agar.
Questo articolo non vuole avere velleità scientifiche, è meramente il frutto di peregrinazioni in RETE alla ricerca di questa o quella soluzione. Perciò potrebbe risultare anche incompleto o ripetitivo. Sono sicura che capirete ed apprezzerete l’impegno. Qualora voleste, anzi, aiutarmi a completare, saranno graditi tutti i vostri suggerimenti.
Vorrei procedere dividendo tutto in tre MACRO-CATEGORIE: ADDENSANTI, AMIDI, EMULSIONANTI.
Alcuni dei primi possono essere usati anche “a freddo”, tutti i secondi, invece, necessitano di cottura. Accanto ad ogni singolo ingrediente troverete tra parentesi delle sigle che corrispondono al loro corrispettivo nelle liste dei prodotti industriali; l’indicazione (freddo, caldo 30° ecc) che si riferisce alla temperatura con la quale dovrete discioglierli; la percentuale di presenza in ogni singola preparazione.
ADDENSANTI
Molti di noi sono abituati a legare ed addensare salse con la farina, ma esistono altri ingredienti che hanno un punto di gelificazione più basso rispetto alla farina (80 gradi circa contro i 90) e non hanno il suo retrogusto tipico. Come ogni ingrediente in cucina, anche questi ingredienti vanno dosati e utilizzati nella giusta maniera: ogni addensante ha una sua specifica applicazione, ogni piatto ha il suo addensante; alcuni sono più adatti a creare gelatine, altri invece a rendere più dense le salse o i fondi di cottura. Se scelti con cura non creano nessun problema per la salute, anzi, alcuni sono addirittura ricchi di proprietà nutritive.
XANTANO O XANTAN GUM E 415 (A FREDDO, DALLO 0,2% ALLO 1,5 %)
Io lo uso molto spesso, nella salse, negli impasti Gluten free, nella pasta fresca per dare più elasticità.
Ad esempio COSI’, O COSì, O COSì. O COSI’… O IN TANTISSIME ALTRE RICETTE
Xantan gum è un POLLISACCARIDE, addensante naturale derivato dalla fermentazione di glucosio o saccarosio da un batterio, il Xanthomonas campestris. Questo batterio molto comune è responsabile anche per i frequenti casi di macchie scure sulle foglie di molte verdure, ma è innocuo per l’uomo.
La gomma di xantano è stata scoperta dal gruppo di ricerca di Allene Jeanes Rosalind degli Stati Uniti Dipartimento di Agricoltura ed è stato commercializzato dal 1960.
Può essere contenuto in diversi prodotti, come per esempio salse, creme per pasticceria, prodotti dolciari da forno, budini, chewing-gum, confetti, caramelle, frutta secca, salatini, liquidi per dessert, condimenti per frutti di mare, insalate confezionate; è particolarmente adatto ad impasti senza glutine di svariati prodotti alimentari dato che aiuta a dare consistenza.
Viene ad esempio utilizzata, poiché grazie alle proprietà tixotropiche delle sue dispersioni questi prodotti possono essere riscaldati o refrigerati senza perdere la propria texture (consistenza). Ricordiamo brevemente che il tissotropismo è quel fenomeno per cui un sistema colloidale può passare dallo stato di sol a quello di gel passando da un’agitazione meccanica a una di quiete, e viceversa. La gomma xantano presenta quindi proprietà intermedie tra quelle di una soluzione e quelle di un gel. A riposo (ad esempio quando il ketchup è dentro il contenitore o sparso sulle patatine), lo xantano aumenta di consistenza, per poi diminuirla quando viene sottoposto a forze di taglio meccaniche (ad esempio quando scuotiamo la bottiglietta di ketchup prima dell’uso)
Se ne usa pochissima perché il suo scopo è soltanto di rendere l’impasto morbido e lavorabile: in genere si calcola 1-2 grammi di Xantano per 100 grammi di farina GF di qualunque tipo (quantità maggiori renderebbero eccessivo duro l’impasto che diverrebbe inutilizzabile)
Il suo uso è utile sia negli impasti “duri” tipo pizza, pane e paste secche in generale perché aiuta molto a compattare e rendere le basi belle stabili mentre, nei dolci, si utilizza specialmente nei lievitati che, grazie al suo potere “incollante”, rende più morbidi e coesi.
Lo Xantano non ha grosse controindicazioni tuttavia, se viene consumato ad alte dosi, può provocare flatulenza e gonfiore e in quelli maggiormente sensibili anche crisi d’asma, reazioni cutanee e allergie respiratorie, perché, essendo un polisaccaride non viene digerito.
GOMMA DI GUAR E412 (A FREDDO; 0,15, 0,20%)
Questo particolare addensante viene ricavato dalla macinazione dei semi della Cyamopsis tetragonoloba, una leguminosa dell’Estremo Oriente. Si miscela a freddo in combinazione degli ingredienti secchi o liquidi, nel caso di quest’ultimi la farina di guar va sciolta nei liquidi (e non viceversa).
La dose di impiego è variabile a seconda del prodotto che si desidera ottenere, in ogni caso è molto bassa (0,15-0,20%). Non va impiegata in combinazione ad altri addensanti marini (come l’agar agar), in quanto si peggiora il risultato finale (si peggiora la “forza” di questo addensante).
Molto importante è fare attenzione a non formare grumi durante la miscelazione della farina di guar, diversamente il suo potere addensate viene a mancare.
Una delle sue proprietà più interessanti riguarda la capacità di assorbire notevoli quantità d’acqua, con la quale forma soluzioni particolarmente vischiose anche quando lavora in condizioni ambientali difficilii; è infatti solubile sia in acqua fredda che in acqua calda e tollera molto bene leggeri scostamenti del pH dalla neutralità. Tutte queste caratteristiche, unitamente al basso costo, ne fanno un ottimo agente addensante e gelificante.
Prestare attenzione a non formare grumi durante la miscelazione della farina di guar, diversamente il suo potere addensate viene a mancare.
L’ industria alimentare sfrutta le sue proprietà addensanti, stabilizzanti ed ispessenti nella preparazione di numerosi prodotti, come gelati, salse, carni conservate e bevande. La dose giornaliera consigliata (GDA) non dovrebbe superare i 5 – 6 grammi.
AGAR AGAR E 406 (100° PER 1 o 2 MINUTI; dallo 0,2 al 10%)
Anche questo ingrediente è spesso presente nella mia cucina, qui, qui, qui
Il comitato congiunto FAO/WHO sugli additivi alimentari nella suo rapporto, tenendo conto degli studi tossicologici, non ha ritenuto di dover fissare dei limiti alla DGA, la Dose Giornaliera Ammissibile (ADI = Accettable Daily Intake) ritenendo sicuro il suo uso. E questo ce lo fa stare ancora più simpatico, direi.
E’ un idrocolloide, estratto di alghe rosse originario del Giappone. Da un punto di vista nutrizionale è ricco di vitamina B, A, C, D e K, calcio, ferro e mucillagini (65%).Non viene completamente assorbito dal corpo umano (solo il 10%), di conseguenza ha un apporto calorico esiguo e, allo stesso tempo, favorisce il transito intestinale.
Gelificante, alternativa ideale alla colla di pesce, ricco di vitamine, iodio e oligominerali, è ottimo persino per la difesa della mucosa gastrica.I due tipi principali di alghe utilizzate per la produzione dell’agar sono la Gracilaria e la Gelidium. Queste alghe sono molto diffuse nel mondo. Grandi produttori di agar sono la Spagna, il Cile e il Giappone.
Si usa da oltre 300 anni nelle cucine GIAPPONESI ed ora sta iniziando a diffondersi anche da noi, complici gli esperimenti di qualche CHEF di “cucina molecolare”.
Di semplice utilizzo, non altera le caratteristiche della preparazione. Molto usato in gelatine, budini e aspic: 10 g circa di agar agar per un litro di liquido e una bollitura di 15 minuti sono sufficienti per ottenere un ottimo risultato. Lo trovate in commercio sotto forma di scaglie, barrette, polvere o fili. Io uso la polvere.
Ottimo per gelatinizzare in genere, in particolare marmellate, salse, succhi di frutta e budini. Dovendo far bollire i liquidi da gelatinizzare, per alcune applicazione diventa complesso, di conseguenza si può ovviare in questo modo: portare in ebollizione solo una parte dell’acqua, dove si è preventivamente sciolto l’agar agar, e aggiungere successiva l’acqua rimanente scaldata a 40°. Nel caso la consistenza finale non sia quella desiderata, si può portare nuovamente a ebollizione e aggiungere la quantità di agar agar desiderata.
L’agar è insolubile a freddo ma si scioglie, mescolato adeguatamente, in acqua portata all’ebollizione. Se successivamente viene lasciato raffreddare le sue molecole pian piano si legano fra loro per formare un reticolo che intrappola l’acqua e le altre molecole presenti formando un gel, una sorta di gelatina, quando la temperatura ha raggiunto i 30-40 °C. A differenza del gel formato dall’amido, questo è termoreversibile: si riscioglie se scaldato e si riforma per raffreddamento. Quindi, se si è messo troppo poco agar per la consistenza che si voleva ottenere è possibile risciogliere il gel e aggiungerne altro.
Rispetto alla gelatina comune che si scioglie alla temperatura del cavo orale, l’agar necessitando di una temperatura maggiore (90°), mantiene pertanto la sua consistenza anche in bocca.
L’agar gelifica a concentrazioni molto basse, a partire dallo 0.2%.
A differenza della comune gelatina di colla di pesce, di natura proteica, il gel di agar resiste alle alte temperature, sciogliendosi solo attorno agli 85-90 °C. Questo permette delle applicazioni culinarie interessanti. È possibile preparare dei ravioli con un ripieno solido di agar e una sostanza aromatica, che si liquefa durante la cottura. Oppure cubi di gel variamente aromatizzati possono essere serviti in un brodo caldo mantenendo la loro consistenza.
Noi Vegani lo utilizziamo in sostituzione delle GELATINE ANIMALI. A differenza della pectina utilizzata per produrre confetture e marmellate, l’agar non ha bisogno della presenza di zucchero per gelificare, e quindi può essere utilizzato per preparare confetture o composte a ridotto contenuto di zucchero.
L’agar non ha sapore e non interferisce con il gusto degli alimenti che si desidera gelificare. In più il sistema digerente umano riesce ad assorbirlo solo in piccola parte (meno del 10%) per cui ha un contributo nutrizionale trascurabile. A tutti gli effetti possiamo considerarlo analogo alle fibre vegetali. Poiché l’agar, a differenza della comune gelatina, non si scioglie alla temperatura corporea, presenta al palato una consistenza diversa. In più è meno elastico e più fragile.
La necessità di far bollire l’agar in acqua ne limita le applicazioni a quegli alimenti che non vengono alterati facilmente dalle alte temperature. Se si desidera gelificare un liquido senza portarlo a temperature elevate è opportuno sciogliere l’agar in poca acqua all’ebollizione, e aggiungere la soluzione al liquido da gelificare scaldato a circa 40 °C. Analogamente, è meglio aggiungere componenti aromatiche volatili solo quando il liquido è prossimo alla gelificazione, attorno ai 40 °C
Poiché l’agar non è costituito da proteine, è possibile utilizzarlo in quei casi dove la normale gelatina non è impiegabile, ad esempio nelle preparazioni con ananas o altra frutta che contiene enzimi che disgregano le proteine (enzimi proteolitici) APPROFONDISCI
METOLOSE SFE 4000 (A FREDDO; 1, 2%)
Metolose è un aggregante derivato dalla cellulosa, in grado di sostituire il glutine in moltissime preparazioni. Con Metolose puoi finalmente ottenere prodotti lievitati in maniera eccezionale anche con farine senza glutine (riso, mais, miglio ecc. ecc.). Si impiega nei prodotti da forno in combinazione a farine senza glutine o amidi
SEMI DI PSYLLIO o farina di semi di psillo (A FREDDO)
Un po’ come i semi di lino, questi gelificano a contatto con l’acqua, e possono sostituire l’uovo in molte preparazioni VEG. Si prepara una miscela di acqua e semi di psillio che formano un gel che assomiglia proprio alla consistenza dell’uovo, gelatinosa. Sono ottimi in preparazioni da forno o anche gelatine e budini, ma il loro costo elevato tende a far preferire altri ingredienti.
La farina di psillio presenta inoltre un effetto probiotico (favorisce la crescita di batteri acidofili nell’intestino a scapito di quelli putrefativi). Trova inoltre largo impiego nella preparazione di prodotti gluten free (senza glutine), grazie alle sue proprietà ispessenti e addensanti.
Si gonfiano fino ad oltre 25 volte il loro peso, richiamando i liquidi nel lume dell’intestino, stimolano la peristalsi. Sono allo stesso tempo ottimi anche in situazioni opposte, ovvero per assorbire l’eccesso di liquidi intestinali (come nel caso di diarrea). lo Psillio è ingrediente comune di alcuni cereali per la prima colazione, ma anche un componente importante di integratori alimentari e farmaci di largo impiego
SEMI DI CHIA (A FREDDO)
Sono un componente quotidiano della mia alimentazione, presenti in moltissime preparazioni.
Non necessitano di cottura e il loro potere gelificante estremamente rapido, il loro sapore neutro, li rendono utilizzabili anche per realizzare budini veloci a partire da un semplice frullato di frutta.
Li ho usati qui,
La Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha dato definitivamente la conferma che i semi di Chia non hanno effetti tossici. Anche l’American Heart Association (AHA) ha dichiarato che i pazienti coronarici dovrebbero assumere semi di Chia quotidianamente, nell’interesse comune. Ma nonostante tutto questo, ciò non toglie che su questo tipo di semi non siano stati condotti abbastanza studi e, quindi, sia i benefici che gli effetti collaterali non sono ancora totalmente noti.
Per gli adulti – 15 grammi (2 cucchiai.) di semi di Chia al giorno.
In Sud America, nel lontano 3000 aC, i semi di Chia (Salvia Hispanica) erano un punto fermo della nutrizione quotidiana e del commercio nelle società pre-colombiana. Nella vita Maya e Azteca, i semi erano così importanti da essere utilizzati nelle cerimonie religiose e nel commercio tribale, il momento della raccolta dei semi era definito negli antichi calendari aztechi. Ci sono voluti altri 5000 anni per rilanciare l’importanza di questi super semi veramente incredibili i cui benefici per la salute sono ancora, in parte, scoperti. Possono essere considerati il migliore di tutti i cibi!
I semi di Chia sono ricchissimi di vitamine e minerali, sono un’ottima fonte di fibre, proteine e antiossidanti, e sono la fonte vegetale più ricca di acidi grassi omega – 3. Il regolare consumo di semi di Chia può contribuire a ridurre il dolore articolare, aiutare a perdere peso, fornire una sferzata di energia e proteggere da malattie gravi come il diabete e le malattie cardiache.
Dato che hanno un gusto delicato, i semi di Chia possono essere aggiunti a qualsiasi varietà di piatti, ha scritto Wayne Coates, autore di Chia: La guida completa per i top Superfood. Si possono cospargere sullo yogurt o sull’insalata, aggiungerli ai frullati o ai succhi, utilizzarli macinati per la cottura o immergerli fino a formare un gel da impiegare in una varietà di ricette.
Non sono necessari trattamenti per questi semplici semi con pesticidi quando si coltivano per cui sono sempre sicuri al 100 % e privi di sostanze chimiche. Ne basta appena un cucchiaio per ottenere i benefici dei semi di Chia, non c’è niente di più facile e di più economico.
Se si prova mescolare un cucchiaio di semi di Chia in un bicchiere d’acqua e lasciarlo per circa 30 minuti non si vedranno più i semi, si formerà una gelatina quasi solida. Questa reazione gelificante è dovuta alla fibra solubile contenuta nei semi di Chia.
Se vogliamo preparare delle pietanze al forno senza impiegare troppo burro e olio il Gel di semi di Chia può sostituire metà del burro nella maggior parte delle ricette! Il cibo cuoce lo stesso e non cambia il sapore. Tutto quello che si deve fare è ridurre la quantità di burro o di olio a metà e utilizzare la stessa quantità di gel Chia per sostituirlo. Gli anti–ossidanti dei semi di Chia possono anche aiutare a mantenere freschi più a lungo i cibi. Possono essere preparati con il gel di semi di Chia come sostituto del burro tanti alimenti, dai biscotti alle torte, dai muffin alle frittelle e alle cialde.
Come può un seme senza sapore aiutare a esaltare il sapore dei cibi che preferiamo per gustarli meglio? In primo luogo perché non hanno un proprio gusto, i semi di Chia, non potranno mai coprire o sommarsi ai sapori del cibo. In secondo luogo, i semi idratati, magnificano il gusto di ciò a cui sono stati aggiunti. Provare a metterli nel budino, in un frullato al cioccolato, o alla frutta! Ls stessa cosa vale per i condimenti, le salse, i sughi e altro ancora. I semi di Chia assumono il sapore di tutto ciò a cui vengono aggiunti. Distribuiscono e non diluiscono, i sapori che amiamo.
SEMI DI LINO (A FREDDO)
Nella foto che apre l’articolo vengono indicati come sostituti dell’uovo, e ci riescono alla grande!
Nella mia cucina non mancano mai, a crudo o in alcune preparazioni come questa , in cui la pasta dei ravioli ha assunto una consistenza sìche solo quella con uovo avrebbe potuto avere, oppure qui, o qui
I semi di lino meriterebbero un capitolo a parte.
Nel quotidiano hanno la loro importanza anche in preparazioni da forno, dolci e salate, utilizzandoli tritati in sostituzione di una parte della farina. Un consiglio: teneteli in frigo, tritateli all’istante (o comunque non più di un paio d’ore prima di usarli).
FARINA DI SEMI DI CARRUBE E410 (2 o 3 MINUTI A 80°; 0,5, 1%)
Si ottiene dalla macinazione dei semi della carruba, una pianta sempreverde coltivata largamente nelle zone mediterranee. Le caratteristiche igroscopiche di questa farina sono conferite dalla presenza di una sostanza chiamata carrubina. Per addensare salse, creme, budini, “yogurt” vegetali, e succhi di frutta. Viene utilizzata in particolar modo nella preparazione dei gelati, perché in grado di conferire una struttura uniforme e vellutata, senza formare gli indesiderati cristalli di ghiaccio.
La farina di semi di carrube è solubile solo a caldo e necessita di alcuni minuti (2-4minuti) a 80 °C per solubilizzarsi. Dopo la solubilizzazione a caldo, è un buon viscosizzante e rilascia buone caratteristiche organolettiche alle normali dosi di impiego (0,5 – 1,0%).
E POI C’E’ LA FARINA DI CARRUBE
Io non la uso moltissimo ma una cosa la faccio ormai da parecchio e ve la devo proprio far vedere
Sperando che il “signor Nesquik” non se l’abbia a male, io vi confesso che i miei figli mangiano nel latte un surrogato, preparato con farina di carrube, cacao amaro, zucchero integrale di canna Mascobado. E questo perchè così riesco a non inserire troppo zucchero ma soprattutto posso somministrare una prodotto ricchissimo e sano. La polpa di carruba ha un sapore dolciastro che ricorda vagamente quello del cioccolato. A differenza di quest’ultimo è molto meno calorica e più ricca di fibre, vitamine (riboflavina) e minerali (calcio, potassio, rame e manganese) e l’assenza di sostanze psicoattive, come la caffeina e la teobromina, la rende il sostituto ideale del cioccolato, specie per i soggetti allergici.
Se mischiata con grassi saturi come quelli contenuti nel burro o negli oli tropicali la farina di carrube dà origine ad un prodotto ancor più simile per sapore e consistenza al cioccolato tradizionale. Esistono delle versioni di crema spalmabile di produzione industriale che sono facilmente replicabili anche in casa.
AMIDI
Questi, a differenza degli ingredienti elencati finora vanno utilizzati TUTTI PREVIA COTTURA con temperature prossime ai 90°.
Prima di entrare nello specifico posso anticipare delle differenze di utilizzo. Questi vengono utilizzati nella preparazione di creme e salse: la fecola addensa parecchio ma ha una resa un tantino collosa; l’amido di mais da’ corpo ed addensa molto; quello di riso da’ cremosità e morbidezza.
Si possono utilizzare per i dolci, per renderli più soffici: con la fecola sono soffici (ed è quella che utilizzo di più) ma più friabili; l’amido li rende più pastosi. Insomma, ad ogni dolce il suo amido!
KUZU (90°; 5 E 12 % IN RELAZIONE AI LIQUIDI)
Si tratta della fecola ricavata da una leguminosa perenne e rampicante giapponese (Pueraria Lobata). Questa particolare pianta, molto resistente, può crescere nei terreni più poveri: è addirittura la prima a svilupparsi dopo le eruzioni vulcaniche. Dalle radici, nella stagione invernale, si ricava il kuzu attraverso un processo nel quale le radici vengono tagliate e lavate nell’acqua corrente per eliminarne l’amido, in seguito l’acqua viene raccolta in catini dove l’amido si deposita e si indurisce. Una volta che questo è asciutto e compatto è pronto per essere consumato.
Il Kuzu è l’unica fecola con proprietà alcalinizzanti / curative, e ricca di carboidrati, sali minerali (calcio, sodio, fosforo e ferro). Può essere utile in caso di disturbi digestivi, nausee, dolori muscolari, malattie da raffreddamento, febbre e stitichezza.
In Giappone questo è un ingrediente utilizzato da secoli e molto valutato nella cucina tradizionale per le sue proprietà gelificanti e addensanti che donano ai piatti una consistenza cremosa, generalmente viene utilizzato per realizzare bevande dissetanti, minestre, zuppe o gelatine di frutta, ma si può aggiungere anche a salse, dolci e torte che diventano particolarmente soffici.
Va impiegato in combinazione del liquido da addensare e successivamente riposto in frigo per 1 ora. Ottimo inoltre per migliorare la sofficità dei prodotti da forno dolci.
Antico rimedio per disinfiammare l’intestino. Sciogliere un cucchiaino da caffè colmo di Kuzu, con circa 250ml d’acqua, e far bollire lentamente finché il liquido non diventa trasparente. Aggiungere mezzo cucchiaino di Shoyu e bere tiepido. Oppure, per stimolare la peristalsi intestinale, unire anziché lo Shoyu la crema di riso. Una piccola curiosità: se si vuol diminuire la percezione d’acidità del caffè basta scioglierci 1 cucchiaino scarso di kuzu.
Il kuzu è digerito in maniera molto facile: all’interno della fecola vi sono alte quantità di daidzeina, un antinfiammatorio e antimicotico naturale; ma anche di carboidrati e di sali minerali, come calcio, fosforo e ferro. Ha inoltre un grosso effetto alcalinizzante, in quanto previene l’acidosi soprattutto nel sangue e nei succhi gastrici. In Giappone, inoltre, viene usato per ritrovare le energie.
AMIDO DI MAIS O MAIZENA (90°)
E’ un prodotto che tutti conosciamo, lo uso molto spesso. Esempio qui , aggiunto al pane gluten free, oppure qui per addensare la nostra “mozzarella” vegetale e ancora qui (da lla foto si evince la morbidezza).
Carboidrato complesso che costituisce la sostanza energetica del mais, si forma con la fotosintesi clorofilliana. Contiene mediamente tra 9 e il 12% di acqua e oltre il 90% di idrati di carbonio, tracce di proteine e grassi. L’amido è la migliore fonte energetica per il corpo, perché non produce scorie durante la metabolizzazione. Ottimo per addensare salse, zuppe, sughi, dolci, gelati e composte
È una farina particolarmente indicata ed utilizzata dai celiaci poichè è sprovvista di glutine.
Per esprimere il suo massimo potenziale addensante è necessario disperderlo nella soluzione (liquido) e scaldarlo fino a quando la preparazione si sia addensata. Successivamente si lascia riposare in frigo fino al completo raffreddamento (durante il quale si addenserà ancora). La percentuale di impiego oscilla tra il 5 e il 12%: tra il 5 e l’7% conferisce una struttura simile ad una maionese, dal 7 al 12% conferisce invece una struttura piuttosto solida, simile ad alla panna cotta. In ogni caso l’eventuale presenza di uova, puree di frutta, farina, fiocchi, crusca ecc. ecc. ne aumenta il potere addensante. Utilizzato invece al 10% circa (fino al 100%) nei dolci, in combinazione della farina di frumento, abbassa notevolmente il W della stessa, migliorando la friabilità.
AMIDO DI RISO (90°; TRA IL 5 ED IL 12%)
Carboidrato complesso che costituisce la sostanza energetica del riso, si forma con la fotosintesi clorofilliana. Contiene mediamente tra 9 e il 12% di acqua e oltre il 90% di idrati di carbonio, tracce di proteine e grassi. L’amido è la migliore fonte energetica per il corpo, perché non produce scorie durante la metabolizzazione. Ottimo per addensare salse, zuppe, sughi, dolci, gelati e composte. Per esprimere il suo massimo potenziale addensante è necessario disperderlo nella soluzione (liquido) e scaldarlo fino a quando la preparazione si sia addensata. Successivamente si lascia riposare in frigo fino al completo raffreddamento (durante il quale si addenserà ancora). La percentuale di impiego oscilla tra il 5 e il 12%: tra il 5 e l’7% conferisce una struttura simile ad una maionese, dal 7 al 12% conferisce invece una struttura piuttosto solida, simile ad alla panna cotta. In ogni caso l’eventuale presenza di uova, puree di frutta, farina, fiocchi, crusca ecc. ecc. ne aumenta il potere addensante. Utilizzato invece al 10% circa (fino al 100%) nei dolci, in combinazione della farina di frumento, abbassa notevolmente il W della stessa, migliorando la friabilità.
ARROWROOT (90°; 5 E 10%)
Si tratta di un amido dal sapore molto neutro che non sa di crudo come altri tipi di amido.
Viene ottenuto dalla maranta (Maranta arundinacea), una pianta originaria della foresta equatoriale del Brasile e della Guyana.
Da un punto di vista nutrizionale è facilmente digeribile e ha un indice glicemico leggermente più contenuto rispetto ad altri amidi (contiene molto amilosio). . L’arrowroot ha l’aspetto di una polvere fine e bianca dal sapore neutro sia a crudo sia a cotto e per questo si differenzia dagli altri amidi che, invece, incidono sul sapore delle preparazioni. Questo addensante è ottimo nella preparazione di primi alimenti per i bambini.
Ottimo per addensare salse, zuppe, sughi, dolci, gelati e composte. In particolare, usato nelle creme che prevedono congelamento, le rende più stabili rispetto ad altri amidi.
Per esprimere il suo massimo potenziale addensante è necessario disperderlo nella soluzione (liquido) e scaldarlo fino a quando la preparazione si sia addensata. Successivamente si lascia riposare in frigo fino al completo raffreddamento (durante il quale si addenserà ancora).
La percentuale di impiego oscilla tra il 5 e il 12%: tra il 5 e l’7% conferisce una struttura simile ad una maionese, dal 7 al 12% conferisce invece una struttura piuttosto solida, simile ad alla panna cotta. In ogni caso l’eventuale presenza di uova, puree di frutta, farina, fiocchi, crusca ecc. ecc. ne aumenta il potere addensante.
Utilizzato invece al 10% circa (fino al 100%) nei dolci, in combinazione della farina di frumento, abbassa notevolmente il W della stessa, migliorando la friabilità.
L’arrowroot è un ingrediente molto ricco di folati e di vitamine del gruppo B oltre che di potassio, fosforo, calcio e sodio.
AMIDO DI FRUMENTO DEGLUTINATO (90°; 7 AL 12%)
Carboidrato complesso che costituisce la sostanza energetica del frumento, si forma con la fotosintesi clorofilliana. Contiene mediamente tra 9 e il 12% di acqua e oltre il 90% di idrati di carbonio, tracce di proteine e grassi. L’amido è la migliore fonte energetica per il corpo, perché non produce scorie durante la metabolizzazione. Ottimo per addensare salse, zuppe, sughi, dolci, gelati e composte. Per esprimere il suo massimo potenziale addensante è necessario disperderlo nella soluzione (liquido) e scaldarlo fino a quando la preparazione si sia addensata. Successivamente si lascia riposare in frigo fino al completo raffreddamento (durante il quale si addenserà ancora). La percentuale di impiego oscilla tra il 5 e il 12%: tra il 5 e l’7% conferisce una struttura simile ad una maionese, dal 7 al 12% conferisce invece una struttura piuttosto solida, simile ad alla panna cotta. In ogni caso l’eventuale presenza di uova, puree di frutta, farina, fiocchi, crusca ecc. ecc. ne aumenta il potere addensante. Utilizzato invece al 10% circa (fino al 100%) nei dolci, in combinazione della farina di frumento, abbassa notevolmente il W della stessa, migliorando la friabilità.
FECOLA DI PATATE (A 90°)
E anche questa la usiamo tutti. Da tanto ed in tranquillità. L’unica cosa che mi sento di sottolineare è che se esageriamo con la quantità i dolci saranno troppo friabili. Io l’ho usata qui (mamma che buona provatela, qui (se volete fare i savoiardi per il tiramisù); qui (e queste cotomelanzane se non le avete mai fatte direi che sarebbe ora di provarle!)
Carboidrato complesso che costituisce la sostanza energetica della patata si forma con la fotosintesi clorofilliana. Contiene mediamente dal 9 al 12% di acqua oltre il 90% di idrati di carbonio, tracce di proteine e grassi. L’amido è la migliore fonte energetica per il corpo, perché non produce scorie durante la metabolizzazione. Ottima per migliorare la sofficità dei prodotti da forno. Per le salse è solitamente sconsigliata perché generare una collosità poco gradita.
AMIDO DI TAPIOCA (A 90°)
La uso, ma non moltissimo. Non c’è un reale motivo. Quello che invece utilizzo molto, nelle polpette e nei burger, come addensante, sono i preparati per creme precotti, quelli per i bimbi. Addensano rapidamente, non ci dobbiamo preoccupare di eventuale cottura, sono insapore e vanno bene ovunque.
Un altro uso che ne ho fatto è stato il recupero di una maionese che non si addensava, questa .
La tapioca è un vegetale derivato dal tubero della manioca o cassava, una pianta originaria dell’America del Sud La farina o amido di Tapioca o Fecola di manioca possedendo un forte potere legante riesce a conferire maggiore agli impasti. Costituisce una buona fonte di carboidrati complessi per l’organismo. Quest’ amido è utilizzato per addensare minestre, salse, creme, budini o gelati, e per rendere più friabili i dolci lievitati. Mescolato con le farine da una particolare leggerezza e sofficità ai dolci, si può anche adoperare da sole ma, meglio, miscelato con le farine ma un dosaggio massimo del 30% è più che sufficiente per aumentare la leggerezza dei prodotti ottenuti.
EMULSIONANTI
E con queste cominciamo a parlare “strano”. Ma non abbiate paura, nulla è come sembra (tipico sottotitolo da film horror). A cosa servono, nell’immediato? Ad esempio a fare la maionese veg se non avete latte di soia natural, oppure voleste utilizzare un latte diverso ad esempio per fare una maionese di lupini , oppure addensare salse strane per condire i ravioli di Natale , o ancora dei Muffin salati Gluten free o ancora questa splendida Brisè .
Le emulsioni, come chiunque abbia provato a fare la maionese in casa sa bene, si “rompono” molto facilmente. Sono strutture molto delicate e la loro stabilità può essere influenzata dal pH, dalla temperatura, dai sali disciolti, dall’agitazione e da molti altri fattori. Aumentando la temperatura si favorisce la separazione perché i grassi diventano più fluidi. Al contrario, un raffreddamento, ma non un congelamento, può stabilizzare l’emulsione. Vi sono molti modi in cui una emulsione si può destabilizzare
Gli ingredienti di una emulsione sono quattro: acqua, olio, un emulsionante e energia (solitamente energia meccanica)
Le proteine sono ottime emulsionanti, e molto utilizzate in gastronomia dato che sono commestibili. Srotolandosi durante la denaturazione si possono disporre all’interfaccia tra le due fasi, orientando le zone idrofobiche (che “odiano” l’acqua) verso il grasso, e le zone idrofile (che “amano” l’acqua) verso l’acqua. La maionese è stabilizzata, oltre che dalla presenza delle lecitine dell’uovo, anche dalle varie proteine presenti. Le proteine, oltre a separare le goccioline dalla fase continua, stabilizzano l’emulsione formando un film che mantiene separate le goccioline impedendone la coalescenza.
Aumentando la temperatura si favorisce la separazione perché i grassi diventano più fluidi. Al contrario, un raffreddamento, ma non un congelamento, può stabilizzare l’emulsione.
PARLANDO ancora di maionese vorrei farvi leggere una cosa interessante, un approfondimento sugli oli da usare per fare una BUONA MAIONESE.
Quale olio per la maionese? Olio d’oliva o di semi? Questa diatriba è vecchia e irrisolta. Girovagando su internet i consigli sono tanti:
olio d’oliva per i salutisti, ma attenzione perchè il gusto è troppo forte;
olio di semi buono per una maionese leggera;
metà olio di semi e metà olio d’oliva per chi vuole ottenere una salsa stabile e gradevole al gusto.
Finalmente la scienza ha cercato di dare una risposta a questo quesito ed ecco l’articolo della prof.ssa Carla Di Mattia dell’Università di Teramo e di altri colleghi, pubblicato sugli atti di InsideFood Symposium, 9-12 April 2013,Leuven, Belgium.
Dal punto di vista del cuoco, la maionese è una salsa semi-solida preparata mescolando tuorlo d’uovo (che noi vegani sostituiamo con le la lecitina di soia n.d.r.), aceto, olio e spezie; mentre dal punto di vista dello scienziato è un’emulsione olio in acqua, in ambiente a basso pH, caratterizzata da un elevato contenuto di olio (65-85% a seconda del paese). Generalmente è prodotta con olio di soia, girasole, mais e colza. Oggi c’è una crescente attenzione alla dieta Mediterranea e all’uso dell’olio extra vergine d’oliva (EVO). In tempi recenti, alcune ricerche sono state effettuate per studiare le proprietà tecnologiche, di oli EVO tenendo conto della sua composizione complessa che comprende molecole endogene (ad esempio grassi liberi acidi, fosfolipidi e polifenoli) e che, a causa della loro attività superficiale, possono influenzare la formazione di interfacce olio / acqua e la stabilità dei sistemi emulsionati dispersi. Lo studio scientifico citato prende in considerazione diversi oli d’oliva e di semi.
Lo studio conclude che l’uso di oli EVO ricchi di polifenoli per la preparazione di maionese generalmente determinano la formazione di sistemi complessi caratterizzati da un grado di minore dispersione, minore fermezza e coerenza, ed una comportamento elastico inferiore. Le variazioni delle proprietà fisiche e strutturali sembrano essere legati alla presenza e al contenuto di composti polifenolici che svolgono un ruolo cruciale sia nella formazione che nella stabilizzazione dei prodotti emulsionati. Gli oli di semi, invece, permettono di ottenere gocce di olio più piccole, una migliore dispersione e una testura più soffice.
LECITINA DI SOIA E322 (A FREDDO O A CALDO; 0,3 – 0,5 %)
La dose giornaliera è di circa 2 cucchiaini (20/25g).
Io ve lo dico subito, la uso eccome! Non la demonizzo affatto, anche se cerco di limitarne l’uso.
Dove? Qui, nel mio burro veg; oppure qui, la mia versione rapida della pastiera… ma anche in questa salsa per i ravioli (gusto cremoso eccezionale)
Prima che me lo chiediate voi, ve lo dico io: QUANTA NE POSSIAMO USARE IN TRANQUILLITA’?
Ad ogni additivo è associata una quantità chiamata DGA: Dose Giornaliera Ammissibile.
Alcuni additivi, come è il caso della lecitina, non hanno una DGA perché sono ritenute innocue e nelle varie tabelle, come quelle che potete leggere nel Codex Alimentarius della FAO, si mette la sigla GMP: Good Manifacturing Practice che in pratica significa “nella tua preparazione alimentare metticene il minimo che ti serve”.
La lecitina di soia sta prendendo sempre più piede nella cucina molecolare anche grazie al suo gusto, molto delicato rispetto ad altri emulsionanti, è un prodotto facilmente reperibile (si trova in ogni supermercato).
Come si utilizza di solito? Ad esempio per fare LA MAIONESE.; per rendere più elastica la pasta fresca (questi ravioli ad esempio), per migliorare la lievitazione del pane e tanto altro.
La lecitina è una molecola (chimicamente un fosfolipide) che ha la capacità di legarsi sia all’acqua che ai grassi, riuscendo così a miscelare intimamente due componenti dei cibi che normalmente non si sopportano e tendono a stare separati. Si trova in molti alimenti ed il più noto probabilmente è il tuorlo dell’uovo: ricco di grassi ma anche di acqua. É anche la presenza di lecitina (anche se sarebbe meglio parlare al plurale visto che sono una classe di sostanze e non una sola) la responsabile della consistenza cremosa del tuorlo. Le proprietà della lecitina vengono implicitamente sfruttate nella preparazione della maionese, permettendo all’acqua e all’olio di formare la famosa salsa.
La lecitina oltre a “combinare matrimoni” tra acqua e grassi 🙂 riesce anche a stabilizzare un po’ le bolle d’aria inglobate in un liquido e a produrre schiume (in fondo non è diverso dall’effetto di un normale bagnoschiuma.
La lecitina è un lipide che si trova nelle membrane delle cellule di ogni essere vivente, compresi gli esseri umani. E’ stata studiata per la prima volta nella metà del XIX secolo dal chimico e farmacista francese Nicolas Theodore Gobley. A quel tempo, ha estratto la sostanza dal tuorlo di un uovo e le diede il nome lekithos, una parola greca che significa tuorlo d’uovo. Ha poi individuato il gruppo di molecole in molte parti di corpi di animali, e in grandi quantità nel midollo osseo, nel cuore, fegato, e cervello.
La lecitina può essere utilizzata per creare una moltitudine di emulsioni dei tipi, olio e acqua/ acqua o aria /. Un’applicazione popolare consiste nel convertire qualsiasi succo o liquido aromatizzato in una schiuma molto leggera. Queste schiume possono anche essere congelate per ottenere schiume solide.
È meglio sciogliere la lecitina in un preparato freddo perché il calore riduce i suoi poteri emulsionanti. Per ottenere la massima schiuma da un liquido con lecitina, la miscela liquida deve essere miscelata con un frullatore da cima a fondo, in modo da incorporare aria il più possibile nel liquido. L’effetto sarà più forte se viene aggiunta qualche goccia di olio.
Una nota “scientifica” sul consumo di soia: pensate che solo vegetariani e appassionati di cucina giapponese contribuiscano al consumo di soia? Non è così. Secondo il WWF ognuno di noi contribuisce all’utilizzo della soia attraverso il consumo di carne, uova e prodotti lattiero-caseari. Si tratta di 61 kg pro capite l’anno misurati nell’Unione Europea, il 93% dei quali è in realtà un consumo “indiretto” dovuto ai mangimi per gli a animali necessari per ottenere carne, pesce, uova, yogurt, ecc…L’infografica del WWF è molto chiara (*) : aprendo il frigo virtuale scopriamo che in media un cittadino europeo consuma 25,4 kg di carne di maiale l’anno. Considerando che per produrre 100 g di carne sono necessari 51 g di soia, per soddisfare il fabbisogno pro capite servono 12,9 kg di soia l’anno. Poi bisogna calcolare anche i petti e le ali di pollo (109 g di soia per 100 g di prodotto), uova (1 uovo corrisponde a 35 g), salmone (59 g per 100 g di pesce), hamburger (46 g per ogni 100 g). Per 100 g di formaggio servono 25 g di soia, 200 ml di yogurt nascondono solo 3 grammi del prezioso legume. Riportando questi valori ai consumi medi annuali pro capite si arriva a un totale di 57 kg ai quali vanno aggiunti quelli consumati sotto forma di alimenti. (Qui una lista di alimenti che ne contengono).
LECITINA DI GIRASOLE ( 0,2% al 3%)
La dose giornaliera è di circa 2 cucchiaini (20/25g).
Se però, proprio non ne volete sapere di usare la lecitina di soia, esiste anche quella di girasole. Vi dico subito che non è esattamente la stessa cosa. Nei dolci aumenta la sofficità e ne aumenta i tempi di conservazione. Sento dire a volte che i dolci senza burro e uvoa dopo 12 ore sono duretti; ecco, la lecitina di girasole risolve il problema. Io la uso veramente molto e la differenza è sostanziale. La acquisto online e non costa neanche tanto ed un barattolo dura veramente molto a lungo.
Dove l’ho usata? Qui ad esempio e la sofficità si vede anche dalla foto, oppure qui , biscotti deliziosi con okara, provateli.
La lecitina è un emulsionante naturale ottenuto dai semi di girasole, è costituito da fosfolipidi caratterizzati da una testa polare idrosolubile, che si scioglie bene in acqua, e da due acidi grassi saturi che rappresentano le due code apolari, non idrosolubili ma lipofile.
Perchè usare la lecitina di girasole in alternativa a quella di soia ?
Perchè ha la medesima funzione tecnologica ma è a base di girasole e non soia (che è opportuno talvolta limitare) e perchè il girasole non è una materia prima a rischio di O.g.m.
Si consuma pura o in combinazione a bevande / cibi.
La lecitina di soia è inoltre ottima in panificazione, specialmente per la preparazione di panettoni, colombe, croissant e pan-brioches (in pratica dove ci sia un’elevato tenore di grasso). La lecitina svolge diverse funzioni positive: aumenta il volume del prodotto, sviluppa maggiormente la mollica, produce una crosta più fine e una alveolatura più omogenea.
INULINA
Altro ingrediente che uso è questo. Ma in verità ho cominciato ad assumerlo come integratore e poi ne ho scoperto le virtù.
Le inuline – spiega il professor Vincenzo Brandolini, chimico degli alimenti dell’Università di Ferrara – costituiscono un gruppo di oligosaccaridi di origine vegetale. Circa il 15% delle piante utilizzano l’inulina come riserva nelle radici e nei tuberi. Dal punto di vista chimico si tratta di un polimero del fruttosio a catena lineare formato da catene di fruttosio con una molecola di glucosio terminale (da 2 a 50 unità di fruttosio). La molecola di glucosio si trova ad una estremità della catena e le molecole di fruttosio sono unite da legami beta-2-1-glicosidici per cui non sono digeribili dall’uomo».
Fra le proprietà che le vengono attribuite, c’è anche quella di facilitare la digestione e di ridurre il gas intestinale aumentando la presenza di bifidobatteri utili. Altri effetti possibili sono la riduzione del colesterolo ematico e la riduzione della concentrazione ematica di trigliceridi in soggetti con una cattiva alimentazione. Non aumenta la glicemia ed è adatta anche all’alimentazione dei diabetici.
Nei prodotti da forno, nello specifico quelli che contengono lievito naturale, madre o compresso che sia, non ha senso metterla, né da un punto di vista strutturale, né nutrizionale, in quanto l’inulina viene “mangiata dal lievito”, quindi, in pratica, svanisce. Per questo dichiararne le proprietà prebiotiche sarebbe una frode
Alcuni chef famosi hanno indagato ed approfondito insieme a professori il tema dell’inulina applicato alle preparazioni culinarie. L’inulina presenta un sapore neutro, senza alcun retrogusto, per questo ben si può inserire senza problema d’alterazione del gusto, in qualsiasi preparazione gastronomica.
Essendo inoltre moderatamente solubile in acqua, risulta integrabile in quei sistemi acquosi dove la presenza di fibre e/o grassi può costituire un problema».
Alcuni pasticcere utilizzano l’inulina soprattutto nei gelati privi di zucchero, dove il fruttosio si sostituisce al saccarosio.
TRATTO DA:
http://www.my-personaltrainer.it/nutrizione/addensanti.html
http://www.cucinamolecolare.org/index.php/tecniche-principali/addensanti/additivi-addensanti.html
http://lacuocasglutinata.blogspot.it/2015/03/gli-addensanti-alimentari.html
http://www.lachiavenelpozzo.com/additivi-conservanti-coloranti-chi-ci-capisce-e-bravo/addensanti-emulsionanti-stabilizzanti
http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/04/12/agar-una-gelatina-che-viene-dal-giappone/
http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/03/14/la-gelatina/)
http://www.tibiona.it/files/idrocolloidi.pdf
http://www.tibiona.it/integratore-fibra-glutine-gluten-free-lassativo-psillio-psillium
http://www.my-personaltrainer.it/integratori/psillio.html
http://www.lacucinachevorrei.com/vademecum-e-idee/sostituire-le-uova-nei-dolci-al-forno/
http://www.nutrizionenaturale.org/i-semi-della-salute-semi-di-zucca-e-di-sesamo/semi-di-chia-e-di-psillio/
Gelatine ed addensanti naturali
http://fiordilatte-appuntidicucina.blogspot.it/2009/06/sperimentando-con-il-kuzu-o-kudzu.html#.VkikHnYveL0
http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/11/09/emulsioni/
http://www.gustissimo.it/ingredienti/altri-ingredienti/lecitina-di-soia.htm
http://www.dolcesalato.com/blog/2011/02/22/inulina-ingrediente-rivoluzionario/#sthash.ofnURCEc.dpuf
http://www.mercatodelgusto.it/ingredienti-alimentari-inulina.html
Novembre 26, 2017
Complimenti. Informazione utilissima, ma alla parte che riguarda i semi di chia mi è venuto un colpo! Né il Messico né Guatemala, da dove sono originari questi semi (quindi la pronuncia è “Cia”) non si trovano in Sudamerica. Il Messico in realtà fa parte del Nordamerica e Guatemala dell’America Centrale.
Marzo 20, 2018
Grazie molto utile!
Maggio 7, 2018
Molto interessante e abbastanza approfondito… Ma sull’inulina non dai informazioni concrete… Sarebbe bello vederla all’opera in qualche ricetta!